ANTIGONE

Domenica, 1 agosto, Teatro Antico – Alba, ore 05.00       Progetto SEGESTA

Replica lunedì 2 agosto, Teatro Antico, ore 19.15

ANTIGONE PRIMA NAZIONALE

Sofocle

Traduzione, adattamento e regia 

Giovanni Greco

Con 

Nika Perrone (Antigone), Gianluca Riggi (Tiresia, Guardia, Messaggero), Giovanni Greco (Creonte), Riccardo Cananiello (Emone e Coro), Maria Cristina Zerbino (Ismene, Euridice e Coro)

Musiche

Daniela Troilo

Produzione

Associazione culturale Semivolanti/Dokana teatro

in collaborazione con 

Teatro Furio Camillo e Teatro Tor Di Nona

Note 

Un banchetto funebre che è anche un banchetto di nozze. O meglio un banchetto di nozze che prende “vita” nel regno di Ade, della Morte. Questa la cornice nella quale prende le mosse la messa in scena di Antigone di Sofocle 

L’idea di fondo di tutto il lavoro è stata quella di intendere Antigone come tragedia dell’identità e non come conflitto irriducibile tra leggi scritte e non scritte, tra ragione di stato e vincolo di sangue, tra destino ineluttabile e libero arbitrio dell’eroe. Antigone come tragedia del fratricidio, del suicidio o dei suicidi (di Antigone stessa, di Emone, figlio di Creonte, promesso sposo di Antigone, di Euridice, sua madre), degli omicidi mancati o realizzati che seguono all’incesto originario di Edipo e Giocasta, ci parla ancora oggi di identità incompiute o doppie, di figli-fratelli, di madri-nonne, di padri-fratelli, di qualcuno che non può essere solo se stesso perché condannato a essere sempre almeno duplice, se non molteplice nel rapporto con il mondo. La rivolta di Antigone al decreto di Creonte che vuole impedirle di seppellire Polinice, il fratello “traditore” che è venuto in armi contro Tebe ed è morto nel duello finale con Eteocle, suo fratello gemello, al quale si tributano tutti gli onori funebri, in quanto “legittimo” erede al trono dopo la fine di Edipo, non è rivolta femminista, non è disobbedienza civile, non è il trionfo dell’anarchia contro l’oppressione e la tirannide. O almeno non è solo questo. Il vero conflitto, profondo, è quello che la stirpe di Edipo vive con la propria eccezionalità, la propria inadeguatezza di fronte alla normalità. Con la propria condanna a essere un conflitto in sé e per sé, divisi e incompiuti in sé prima che conflittuali con la realtà e con gli altri, si chiami questa Creonte o anziani della città. Così la messa in scena parte dalla fine, dalla catastrofe, dalla celebrazione paradossale, più volte annunciata, del matrimonio di Antigone con la Morte, dal ricongiungimento della famiglia di Edipo in un oscuro Aldilà e dalla riconsiderazione a posteriori di tutta la vicenda inscenata e in buona parte inventata da Sofocle, come il compimento inevitabile di una ricerca che ritrova il suo senso solo nella foga dell’annientamento. La sepoltura di Polinice fa di Antigone una madre e una sposa morta e/o mancata, ma una sposa e una madre. Il mondo che sopravvive, quello di Creonte (e di Ismene), è il mondo di una truce normalità riconquistata, di una cupa pace che si fa sul capro espiatorio, il mondo del potere che si nutre del sangue dei giovani, delle donne, dei deboli, talora suo malgrado. Il nostro mondo.

Spettacolo creato in esclusiva per Dionisiache

 

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