Venerdì, 20 agosto, Custonaci, Belvedere Giardini Comunali, ore 21.00
Domenica, 22 agosto, Teatro Antico, alba, ore 05.00
PROCESSO A MEDEA Progetto SEGESTA
Maria Letizia Compatangelo
Regia
Elena Bucci e Maria Letizia Compatangelo
Con
Elena Bucci
Musiche
Germano Mazzocchetti
Produzione
Teatro della Città
Note
Come recita il titolo, questo monologo ha a che fare con la giustizia e con il mito e sul perché, su Medea più che su altri personaggi del mito, forse anche più di Edipo ed Antigone (che hanno peraltro molto a che fare con il concetto stesso di giustizia: umana, naturale e divina), si sia scritto e si continui a scrivere nei secoli in modo incessante. La storia di Medea sembra un baratro sul quale tutti continuiamo ad affacciarci inorriditi per arretrare subito dopo, cercando di cancellarlo. Forse perché il sentimento materno – molto enfatizzato dalla società patriarcale – non tollera questa opzione.
O forse perché la Grande Madre, la cui memoria è ancora viva nel genere umano, non ammette tra le scelte possibili quella di Medea. E infatti su Medea hanno scritto essenzialmente gli uomini. Quando sono le donne a scrivere, è palese e quasi naturale, ineludibile, il tentativo di edulcorare e trovare giustificazioni che non possono esserci. È un personaggio grande, immenso, che travalica il mito e al quale, al di là di ogni considerazione personale, la regista ha ritenuto giusto attribuire lo status di individuo. Con le sue colpe e la sua verità. La Medea di Maria Letizia Compatangelo è una Medea tormentata, che si interroga. È stanca di tanto parlare della sua vicenda e vorrebbe solo farla finita.
Una Medea moderna. Non una reinterpretazione: è proprio lei, quella Medea, che non rinnega e non nega ciò che ha fatto e vive nel nostro tempo. Una regina millenaria che non può morire, finché il ricordo delle sue azioni rimarrà vivo tra i viventi. Una donna delusa e disincantata, che torna lirica e appassionata solo quando parla del giovane greco dai capelli chiari e lo sguardo da eroe sventurato, di come se ne innamorò perdutamente e lo salvò, dei tempi felici del viaggio su Argo. Una donna che ha imparato molto nel corso dei secoli e che ora si interroga con distacco e ironia; provoca e analizza in modo molto moderno, certo, ma non c’è da stupirsi, essendo arrivata sino a noi. Suo malgrado.
Oggi esige il suo processo. È lucida, analitica, pungente: una Medea che anela soltanto il silenzio, una parola finale, condanna o assoluzione, anche a costo di essere scaraventata nel Tartaro.
Ma si renderà conto, alla fine, del perché questo non è possibile. E che è stata proprio lei ad accendere la miccia di un incendio che da allora continua ad ardere.
Spettacolo creato in esclusiva per Dionisiache