SETTE CONTRO TEBE

Lunedì, 23 agosto, Teatro, ore 19.15                       Prima Nazionale

 

SETTE CONTRO TEBE                                       Progetto SEGESTA

Da Eschilo                          

Elaborazione adattamento e interventi di

Aurelio Pes

 Mise en espace

 

Con

Lorenzo Parrotto (Eteocle), Roberta Azzarone (Antigone), Giovanni Carta (Creonte/Tiresia/coro)

e

Anna Lisa Amodio (corifea/coro), Giuseppe Benvegna (terzo messaggero/coro), Camillo Marcello Ciorciaro (settimo messaggero/coro), Giovanni Di Lonardo (carnefice/coro), Nicolò Giacalone (quarto messaggero/coro), Monica Guazzini (corifea/coro), Alessandro Marmorini (sesto messaggero/coro), Giacomo Mattia (secondo e ottavo messaggero/coro), Mimma Mercurio (corifea/coro), Marco Valerio Montesano (quinto messaggero/coro), Matteo Munari (primo e nono messaggero/coro),

 

E la partecipazione di Domenico Pantano (Ermocrate)

 

a cura di

Nicasio Anzelmo

 

Movimenti scenici

Barbara Cacciato

Musiche originali

Giovanni Zappalorto

Immagine manifesto

Angela Gallaro Goracci

Aiuto alla mise en espace

Giovanni Di Lonardo

Datore Luci

Damiano Bianco

Organizzazione

Rossella Compatangelo

Produzione

CTM Centro Teatrale Meridionale

 

Note

La messa in scena è una riproposizione del testo elaborato con interventi e adattamenti di Aurelio Pes, lo scrittore, drammaturgo e critico musicale palermitano scomparso nel 2020 che ha saputo cristallizzare, con potenza evocativa, il male intrinseco alla vita dell’uomo e la caducità dell’essere umano di fronte al fato.

Sette contro Tebe è la seconda più antica tragedia di Eschilo giunta a noi per intero, rappresentata per la prima volta ad Atene alle Grandi Dionisie del 467 a.C. È la tragedia dell’orrore della guerra, del compimento della terribile maledizione del ghenos di Edipo: la sua stirpe infatti è segnata da antiche colpe che, in una perversa concatenazione di eventi, si riproducono e moltiplicano. Le colpe dei padri, così come i loro meriti, ricadono sempre sui figli.

Nei Sette contro Tebe eschilei, in cui è protagonista il re Eteocle, si accenna di continuo al tema della spartizione dell’eredità e della successione ereditaria. In base alla versione a noi più nota della saga dei Labdacidi, alla morte di Edipo i suoi due figli, Eteocle e Polinice, decidono di regnare ad anni alterni, l’uno durante l’esilio dell’altro; Eteocle, primo a sedere sul trono di Tebe, calpesta l’accordo, ostinandosi a non cedere il trono al fratello allo scadere del suo anno di regno. Polinice, cacciato in esilio, giunge ad Argo, dove ottiene l’appoggio del re Adrasto che gli promette aiuto nel fare ritorno in patria.

Polinice, insieme ad altri sei condottieri, muove così guerra alla sua patria.

«Capo contro capo, fratello contro fratello, nemico contro nemico» sono le parole di Eteocle prima dello scontro.

Accanto a questa, tuttavia, esisteva una differente variante della storia che riporta di un accordo tra i due fratelli, in base al quale Polinice, invitato da Eteocle a decidere se tenere per sé il regno oppure abbandonare la patria con una parte delle sostanze paterne, lascia il trono al fratello, scegliendo di andarsene ad Argo con il chitone e la collana che Cadmo, antico fondatore della città di Tebe, regalò alla dea Armonia: oggetti dal forte potere simbolico, poiché divini. Polinice poi li donò alla moglie dell’indovino Anfiarao, perché lo accompagnasse nella guerra contro il fratello a Tebe.

Quale che sia la versione del mito, ci troviamo di fronte alla città sotto assedio. Eteocle ascolta il resoconto di sette messaggeri che, insieme al coro, si stringono intorno al loro capo, mentre raccontano con dovizia di particolari quali guerrieri argivi si schierano di fronte alle sette porte, quali armi indossano e quale furia li muove. Il re sa che deve combattere e si prepara ad affrontare il destino che gli pone di fronte proprio il fratello.

Ma sopra ogni cosa Eteocle sa che «Non è dato sfuggire a un male, quando il dio lo manda».

L’attacco termina con la morte dei due fratelli che, nello scontro diretto, si danno vicendevolmente la morte. Il loro destino è compiuto.

Spettacolo creato in esclusiva per Dionisiache

 

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